NEW WORLD
la videoarte italiana racconta la città
a cura di Francesca Fini
Il programma New World propone una rassegna di video sperimentali che raccontano la città, come luogo metaforico di confronto tra interno ed esterno, individuo e paesaggio, corpo e architettura, cultura e natura, centro e periferia, in una stratificazione e ibridazione di suggestioni e significati. Sono video in cui un’azione performativa si trasforma in una riflessione poetica sul rapporto tra la fluida instabilità della materia, organica e inorganica, e la musicalità congelata delle architetture urbane. Un progetto di Francesca Fini, videoartista lei stessa e curatrice del progetto, insieme ad un gruppo di autori italiani che hanno affrontato questo tema con esiti sorprendenti, utilizzando uno spettro di linguaggi molto diversi tra loro – dall’animazione 3d alla videoperfomance, dall’installazione vivente alla videoarte. La proposta include quindi i collage animati e gli appunti di viaggio di Silvia De Gennaro, le magiche astrazioni urbane di Piero Chiariello, le metafore politiche di Marcantonio Lunardi, i dispositivi di conflitto messi in scena dalla coppia performativa Leoni-Mastrangelo, le video-performance ibride di Alessando Amaducci, le installazioni viventi di Elena Bellantoni e le animazioni visionarie di Gianluca Abbate.
La rassegna si apre con Oasi nel Deserto, una videoperformance che la Fini ha realizzato proprio a Tor Bella Monaca qualche anno fa, in cui una donna misteriosa si aggira di notte tra le strade deserte e abbandonate, in cerca di un muro dove aprire una finestra virtuale su un’ideale spiaggia assolata.
NEW WORLD | FORME DI MEMORIA
La città, nel suo rapporto tra dentro e fuori, tra vuoti e pieni, tra centro e periferia, diventa in questa selezione del programma un concetto fluido ed effimero, come sono fluidi ed effimeri la memoria e il sogno, che ogni tanto però si fissano nell’architettura immaginifica di un rendering in 3D, nella manipolazione grafica di una mappa tridimensionale di Google, oppure in un gesto performativo che sembra tagliare il paesaggio in due per arrivare all’osso e fondersi con esso. Qui la città sono corpi, sono sguardi, è un laccio che lega e separa due amanti. Un macro-concetto che vive attraverso un complesso intreccio di relazioni tra gli esseri e le cose che la abitano, che interagiscono tra loro e con essa, e tra loro e con essa configgono, modificandosi e modificandola, nell’immaginare nuove possibili declinazioni.
Francesca Fini si muove nel territorio del contemporaneo dove le arti si ibridano, tra performance art, tecnologia dell’interazione, sound design, video e pittura. Il suo lavoro è stato presentato al MAXXI e al MACRO di Roma, al Guggenheim di Bilbao, al Georgia Tech e al Japan Media Arts Festival di Tokio. Nel 2016 ha ultimato il film sperimentale Ofelia non annega (con Istituto Luce Cinecittà), inserito da Adriano Aprà tra i migliori film italiani degli ultimi vent’anni. La Treccani la cita alla voce cyber-performance, come una degli artisti più significativi di questo linguaggio in Italia.