Nel 1951 il genio immaginifico di Vittorio de Sica e di Cesare Zavattini mostrarono al mondo una Milano inedita abitata da barboni che chiedevano solo un pezzo di terra dove vivere e morire.
Uno sguardo dolce-amaro che con gli occhi della fiaba denunciava la carenza abitativa e le condizioni estreme che molti cittadini della “capitale morale” vivevano, dopo le distruzioni violente causate dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Il progetto di dare a tutti una casa dignitosa, nato agli inizi del secolo sembrava aver trovato una battuta d’arresto.
Ma ricostruire senza posa è nell’indole meneghina.
Il Novecento è stato, per Milano, il secolo dei cantieri.
E più che agli svettanti grattacieli occorre guardare alle periferie come al vero capolavoro urbanistico della metropoli.
Autentici laboratori di socialità che oggi, fuori dai pregiudizi ideologici, sanno insegnarci più di quanto immaginiamo.
Narratore e architetto, Gianni Biondillo insegna Psicogeografia e narrazione del territorio all’Accademia di architettura di Mendrisio.
Nel 2004 ha pubblicato Per cosa si uccide, primo romanzo della serie noir dedicata all’ispettore Ferraro.
Nel 2011, con il romanzo I materiali del killer, ha vinto il “Premio Scerbanenco” e nel 2014, in Francia, il “Prix Violeta Negra”; l’ultimo romanzo della serie è Il sapore del sangue (2018). Ha scritto libri per l’infanzia, reportage, racconti.
Nel 2018 ha vinto il “Premio Bergamo” con il romanzo storico Come sugli alberi le foglie.
Come saggista s’è occupato di leggere e interpretare lo spazio della metropoli contemporanea (l’ultimo suo lavoro è Lessico Metropolitano, 2021).
Scrive per il cinema, il teatro e la televisione.
È tradotto in varie lingue europee.
Incontro a cura di Giorgio de Finis